Monaco di Baviera, 25.09.2014 Comites - La voce di chi ci lavora Intervista rilasciata dal presidente del Comites di Monaco di Baviera alla giornalista Carla Ciarlantini-Krick Carla Ciarlantini-Krick (mensile "PD cittadini del mondo")
Vista l'imminenza delle elezioni per il rinnovo dei Comites, stavolta rinuncio a pontificare in prima persona e lascio la parola alla vita reale. Claudio Cumani, presidente del Comites di Monanco di Baviera ha gentilmente accettato di farsi intervistare sulla sua esperienza. Eccovela! L'annuncio del rinnovo dei Comites ha suscitato parecchi commenti negativi. Uno soprattutto: sono inutili. Secondo te è vero? Dipende da come il presidente ed i consiglieri di ciascun Comites vogliono far funzionare il proprio Comitato. Possono essere inutili, ma possono essere anche molto, molto utili ed importanti. Faccio un esempio dalla storia del nostro Comites. Quando la Germania modificò nel 2000 la propria legge sulla cittadinanza, ammettendo in alcuni casi la doppia cittadinanza, la Baviera dette della legge un'interpretazione restrittiva e per qualche anno rifiutò di riconoscere questo diritto ai cittadini di alcune comunità - fra queste gli italiani - ai quali la cittadinanza tedesca veniva concessa solo se rinunciavano a quella di origine. Fummo noi del Comites a presentare nel 2004 il problema al Consolato e ad ottenere il loro aiuto per portare la questione a livello governativo, muovendoci parallelamente nei confronti del mondo politico tedesco, con contatti diretti ad ogni livello. Il ministero degli Interni italiano modificò un vecchio decreto del 1994 per superare alcune osservazioni critiche del governo bavarese, il quale alla fine si disse disposto a rivedere la sua decisione se l'Italia avesse fornito esempi di cittadini tedeschi residenti in Italia che avessero ottenuto la cittadinanza italiana senza dover rinunciare a quella tedesca. Di nuovo il Comites ed il Consolato si misero in moto, gli esempi furono trovati e la Baviera riconobbe anche agli italiani il diritto alla doppia cittadinanza. Ma il consolato non avrebbe dovuto attivarsi di sua iniziativa? Considera che la presa di posizione del governo regionale bavarese era la decisione interna di una regione - un Land - della Germania, addirittura in contrasto con la prassi adottata dagli altri Länder: come avrebbe potuto muoversi il Consolato, se qualcuno non avesse segnalato il caso, rendendo nota questa decisione politica discriminatoria? Il Consolato si è mosso a livello ministeriale e diplomatico, ma solo il Comites aveva la rappresentatività ed il ruolo adatto per fare pressione anche attraverso i politici tedeschi più sensibili, ai vari livelli. Come mai invece il Comites lo sapeva? Per la natura stessi del Comites. I suoi membri vengono dalla comunità italiana locale della quale conoscono le persone, le loro attività e le loro esigenze. Il contatto è diretto e le informazioni girano alla svelta. In particolare in questo caso fu un patronato a segnalarmi il caso. Quindi i Comites non sono, come si sente spesso dire, dei doppioni di altre istituzioni come Consolati e Istituti Italiani di Cultura. No, perché i ruoli sono diversi.
Tornando all'esempio dell'azione condotta per garantire la doppia cittadinanza agli italiani in Baviera, ci sono stati altri effetti legati alla vostra iniziativa? Sì, uno molto importante: si è avviato un contatto diretto sia con le autorità tedesche sia con i partiti del paese, che si è molto sviluppato negli anni. Segnalo con piacere che Beate Merk (Ministro per gli Affari Europei del governo bavarese) e Joachim Herrmann (Ministro agli Interni, Edilizia e Trasporti nello stesso governo) mi hanno scritto quest'anno affermando di aver trovato nel Comites un interlocutore nella comunità italiana che finora era mancato. Non a caso fra il 2007 ed il 2009 il Governo Federale mi ha chiesto di partecipare alla stesura del suo programma per l'integrazione (Nationaler Integrationsplan), dal 2009 partecipo al "Runder Tisch für Integration" del Ministero bavarese della Pubblica Istruzione e la consigliera Miranda Alberti - responsabile della Commissione Scuola del Comites - fa parte del gruppo di lavoro "Bayerischer Integrationsrat" promosso dal sottosegretario bavarese per l'integrazione. A parte la soddisfazione per l'apprezzamento dimostratovi, perché il contatto con partiti e istituzioni locali è da considerare importante? Semplice: perché quando si vive in un paese, le decisioni delle istituzioni di quel paese - governo, regioni, comuni - toccano tutti quelli che ci vivono, indipendentemente dalla loro nazionalità. Chi si autoesclude non può lamentarsi se poi le sue esigenze non arrivano alle istituzioni. I Comites possono e debbono essere i portavoce delle comunità italiane presso le amministrazioni dei paesi nei quali queste vivono.
Questo ci porta ad un'altra critica che molti rivolgono ai Comites: quella di essere dei trampolini di lancio per persone che vogliono fare carriera politica Questo in certi casi è vero, ma non si capisce perché debba essere considerato un fattore negativo. Chi vuole impegnarsi in politica deve comunque scegliere un campo d'azione dal quale iniziare. Può trattarsi delle organizzazioni di partito, del sindacato, dell'associazionismo sociale o culturale. Perché non fare lo stesso partendo dai Comites?
Ma allora, visti questi aspetti positivi, perché i Comites ricevono tanti commenti così poco lusinghieri? Difficile dare una risposta esauriente. Probabilmente un motivo è che esistono anche membri di Comites che vedono questa istituzione non come un luogo di confronto costruttivo e propositivo, ma un'arena per protagonismi, polemiche e litigi personali. E si sa, gli esempi negativi fanno notizia, il lavoro fatto bene invece tende ad essere invisibile. Un altro possibile motivo è che la composizione delle comunità italiane all'estero è cambiata rispetto a come era negli anni '60, quando nacquero i primi Comites. Vale a dire? Beh, a quel tempo anzitutto si emigrava solo per necessità e con l'intenzione di tornare prima o poi a casa. L'integrazione nel paese ospitante non era una priorità. In secondo luogo, l'assistenza che gli italiani all'estero richiedevano era soprattutto in campi come la protezione nei rapporti di lavoro o la gestione di situazioni di discriminazione.
Sviluppare nuove proposte e mandare avanti le attività correnti: non è chiedere un po' troppo a chi dopotutto per il lavoro nei Comites non viene retribuito? In effetti è un'attività che richiede un bel po' d'impegno, ma il vero problema non è la questione retributiva: è meglio che l'impegno nei Comites resti volontario. Tra le cose che servirebbero c'è un maggiore supporto esplicito da parte della nostra Amministrazione affinché i Comitati siano sempre più riconosciuti dalle autorità locali come i rappresentanti degli italiani. E poi occorre un regolare e puntuale rinnovo dei Comitati (ricordo che gli attuali operano in regime di proroga dal 2009!). Le elezioni a regolare scadenza consentirebbero di dare all'impegno personale una durata ragionevole e quindi gestibile, mentre un sostegno ufficiale da parte governativa ci darebbe maggiore visibilità e autorevolezza nei rapporti con la politica e le istituzioni dei paesi nei quali operiamo. Allora, visto il bilancio senz'altro positivo del tuo lavoro, ti ricandidi, no? Mi vuoi morto? No, scherzo: non mi ricandido un po' perché 10 anni (quasi 11) sono tanti, ma soprattutto perché ora vorrei concentrarmi sull'attività negli organismi tedeschi di cui faccio parte (oltre al "Runder Tisch für Integration" del Ministero bavarese della Pubblica Istruzione, anche il Consiglio per l'Integrazione del comune in cui vivo, Garching) e nella SPD. Ma anche perché è ora che i Comites si rinnovino anche nel personale. Abbiamo già detto che un adeguamento ai tempi è diventato necessario, quindi cominciamo con il far entrare gente nuova ed idee fresche. Ora che il rinnovo è alle porte, spero che la partecipazione alle elezioni sia la più ampia possibile a auguro ai futuri membri in bocca al lupo e buon lavoro! |