Dachau, 26 aprile 2014 Commemorato a Dachau l'anniversario della Liberazione Comites - Monaco di Baviera
Sabato 26 aprile, alla Cappella Italiana del campo di concentramento di Dachau, sul colle del Leitenberg, si è svolta la cerimonia di commemorazione della Liberazione dell'Italia dal fascismo, organizzata dal Consolato Generale e dal Comites di Monaco di Baviera. La cerimonia è stata preceduta da una messa organizzata dalla Comunità Cattolica Italiana di Monaco di Baviera per celebrare Padre Giuseppe Girotti nel giorno della sua beatificazione. Padre Girotti - dopo l'8 settembre 1943 al centro di un vasta rete di sostegno a favore dei partigiani e soprattutto degli ebrei, in Piemonte - fu deportato e morì non ancora quarantenne nel campo di concentramento di Dachau. La cerimonia è terminata con la deposizione di corone di fiori alla Cappella. Riportiamo il discorso tenuto dal Presidente del Comites, Claudio Cumani.
Gentile Console Generale, Ministro Scammacca Del Murgo
"Verhaftungsgrund: Unterstützung an Juden", "Motivo dell'arresto: aiuto agli ebrei" è riportato nella scheda personale di padre Giuseppe Girotti al campo di concentramento di Dachau. Sacerdote domenicano, studioso appassionato delle Sacre Scritture - delle quali offre letture che anticipano di molti anni le aperture del Concilio Vaticano II - padre Girotti dopo l'8 settembre 1943 si mette al centro di una vasta rete di sostegno a favore dei partigiani e soprattutto degli ebrei: per questo è arrestato, incarcerato a Torino, Milano, deportato a Bolzano-Gries ed infine a Dachau, dove muore non ancora quarantenne. Di fronte alle rovine delle dittature e della guerra in corso, questo sacerdote non si mette al sicuro, non assiste passivo agli eventi, ma prende posizione. Dimostra che si può reagire. Pronto a pagare di persona, come purtroppo avviene. Per questa scelta il papa Francesco lo ha proprio oggi proclamato Beato. E in questa sua scelta padre Girotti è fratello di tutti coloro che non si arresero e che col loro impegno ed il loro sacrificio segnarono il riscatto dell'Italia e dell'Europa dalle tragedie del fascismo e del nazismo, delle loro ideologie liberticide, delle loro leggi razziali, delle guerre da essi provocate, in Africa, in Spagna, infine nel mondo intero. Fratello di persone come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, i confinati di Ventotene che nel pieno della barbarie scrivevano il loro profetico manifesto "Per un'Europa libera ed unita". Ed è proprio l'Europa, la nostra Unione Europea, l'approdo più alto e fecondo della lotta per la libertà che oggi ricordiamo e celebriamo. Ha scritto l'ambasciatore Silvio Fagiolo, uno dei grandi diplomatici italiani degli ultimi decenni: "L'integrazione europea nasce dalla sconfitta [...]. La sconfitta sulla quale meditano i fondatori degli anni dell'esilio, interno o esterno, Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Spaak, Schuman, non è solo quella militare, ma anche morale. Non solo quella del 1945, bensì anche dell'Europa dopo il 1919, la sconfitta della democrazia, del parlamentarismo, della libertà, del pluralismo". La costruzione europea è la risposta, la reazione alle tragedie della nostra storia. Una risposta vincente: in questa parte del mondo (l'Europa occidentale del secondo dopoguerra) le nostre sono le prime generazioni da molti secoli che vivono senza sperimentare sulla propria pelle i dolori e le distruzioni della guerra. A noi sembra ormai una cosa scontata, ma non è così. Non lo è stato per i nostri genitori o nonni, non lo è per diversi dei popoli nostri vicini. La costruzione europea è figlia del conflitto mondiale e della guerra fredda e si è via via sviluppata in reazione alle diverse crisi che si sono succedute. Nel 1951 l'Europa risponde all'acuirsi della crisi internazionale - di cui è espressione la guerra in Corea - avviando il cammino della sua unità politica con la fondazione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio. Nel 1957 di nuovo l'Europa sa reagire alle tensioni internazionali (siamo poco dopo la repressione nel sangue della rivoluzione ungherese) ed alla crisi del Canale di Suez (che segna la fine dei sogni coloniali di Francia e Gran Bretagna) con i Trattati di Roma che rilanciano il dialogo e la coesione attraverso la creazione della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell'Energia Atomica. E così via, fino al 1989, quando la costruzione flessibile e ricettiva dell'Unione Europea - con l'attrazione che essa esercita - è motivo di pace e crescita comune, agendo come la sponda che evita il caos, dopo il crollo dei regimi comunisti nell'est del Continente. L'approdo della moneta comune, l'Euro, si inserisce in questo percorso. Per paesi come l'Italia, la moneta comune è stata un'autentica ciambella di salvataggio. O pensiamo che se fossimo rimasti ciò che eravamo prima, e cioè un Paese con una moneta debolissima, soggetto a crisi finanziarie continue e con un'inflazione alle stelle, avremmo potuto reggere di fronte a crisi finanziarie internazionali come quelle recenti? Certo, quella europea è una costruzione ancora imperfetta. Importanti sfide devono ancora essere vinte: dal coinvolgimento dell'opinione pubblica nel processo d'integrazione, alle modifiche istituzionali indispensabili per sorreggere un edificio di crescente estensione ed eterogeneità, ad una politica di difesa e sicurezza comune che dia all'Europa una dimensione strategica ed un ruolo internazionale chiaro e riconosciuto. Ma la casa europea è una costruzione da migliorare, non da buttare via. Forse non ci rendiamo conto dei vantaggi che ci ha offerto e ci offre, ma "è grazie all'Unione se abbiamo luoghi di lavoro migliori, aria meno inquinata, alimenti controllati, giocattoli sicuri, viaggi più semplici, telefonate meno care, dogane inesistenti" (Beppe Severgnini, Corriere della Sera, 27.03.2014). O vogliamo tornare alle code ai confini (ben due, per andare da qui in Italia), a monete deboli e indebitamenti statali insostenibili? Ma, insomma!, "nei quindici anni dall'introduzione della nuova valuta sui mercati, il prodotto interno pro capite è salito in tutti i Paesi europei, salvo che in Italia, dov'è calato del 3 per cento. Colpa dell'Euro o colpa nostra, e di chi ci ha governato?" (sempre Beppe Severgnini, Corriere della Sera, 27.03.2014) "La Resistenza fu un grande moto civile e ideale, ma soprattutto fu un popolo in armi, una mobilitazione coraggiosa di cittadini giovani e giovanissimi che si ribellavano allo straniero" ha ricordato ieri il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nell'Europa del XXI secolo non dovrebbe più essere necessario impugnare le armi. Ma l'impegno di allora continua oggi per l'Europa. L'Europa è la "nuova frontiera" del nostro futuro. Sembrerà poca cosa, ma il 25 maggio andiamo a votare per il Parlamento Europeo, il luogo nel quale si prendono decisioni decisive per il nostro presente e il nostro futuro. Votiamo e sosteniamo le forze europeiste. E dopo quella data, impegniamoci e partecipiamo alla costruzione della casa comune europea. E così facendo, renderemo un omaggio non retorico e di circostanza, ma vivo ed attuale, a coloro che - come il Beato padre Giuseppe Girotti - lottarono e diedero la vita per la libertà, la giustizia, la pace.
Sehr geehrter Herr Generalkonsul Scammacca Del Murgo
„Verhaftungsgrund: Unterstützung an Juden“, so lautet der Text auf der Häftlingspersonalkarte von Pater Giuseppe Girotti im Konzentrationslager Dachau. Pater Girotti war Dominikanerpriester und begeisterter Bibelgelehrter, die er in Lesungen vorstellte und damit viele Jahre vor dem zweiten Vatikanischen Konzil die Öffnung der Kirche vorwegnahm. Nach dem 8. September 1943 spielte Pater Girotti eine zentrale Rolle in einem breiten Netzwerk zur Unterstützung von Partisanen und vor allem Juden. Deshalb wurde er verhaftet, in Turin und Mailand inhaftiert, nach Bozen-Gries deportiert und schließlich nach Dachau gebracht, wo er als noch nicht einmal 40 Jähriger starb. Trotz der Zerstörungen in Diktaturen und Krieg begab sich der Priester nicht in Sicherheit. Er sah den Ereignissen nicht passiv zu, sondern bezog Stellung. Er zeigte, dass man reagieren konnte. Er war bereit mit seinem Leben zu bezahlen, was dann auch geschah. Aus diesem Grunde hat Papst Franziskus ihn heute selig gesprochen. Durch diese Entscheidung wurde Pater Girotti Bruder all derjenigen, die nicht aufgaben und mit ihrem Einsatz und ihren Opfern die Befreiung Italiens und Europas von den Tragödien des Faschismus und des Nationalsozialismus, von ihren freiheitsvernichtenden Ideologien, ihren Rassengesetzen, ihren Kriegen in Afrika, Spanien und schließlich auf der ganzen Welt, vorbereiteten. Er war der Bruder von Menschen wie Altiero Spinelli, Ernesto Rossi und Eugenio Colorni, die inhaftierten Antifaschisten von Ventotene, die inmitten der Grausamkeiten ihr prophetisches Manifest „Für ein freies und vereintes Europa“ verfassten. Unser Europa, unsere europäische Gemeinschaft: Das ist das fruchtbarste und schönste Ergebnis des Kampfes für die Freiheit, an den wir heute erinnern und den wir feiern. Botschafter Silvio Fagiolo, einer der großen italienischen Diplomaten der vergangenen Jahrzehnte schrieb folgendes: „Die europäische Integration entstand aus der Niederlage [...]. Über diese Niederlage dachten die Gründer Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Spaak und Schuman in den Jahren des Exils innerhalb und außerhalb des Landes nach. Es ist nicht nur die militärische Niederlage von 1945, sondern auch die moralische Niederlage Europas nach 1919, nämlich die Niederlage der Demokratie, des Parlamentarismus, der Freiheit und des Pluralismus.“ Der Aufbau Europas ist die Antwort auf die Tragödien unserer Geschichte. Eine Antwort, die siegt! In diesem Teil der Erde (Westeuropa nach dem zweiten Weltkrieg) ist unsere Generation die erste seit vielen Jahrhunderten, die keine persönliche Erfahrung von Schmerzen und Zerstörungen durch Krieg erleben. Uns erscheint das schon als ganz normal, aber so war es nicht für unsere Eltern und Großeltern, und so ist es nicht für viele Menschen in unseren Nachbarländern. Der Aufbau Europas entstand nach dem Weltkrieg und des Kalten Krieges und entwickelte sich langsam als Reaktion auf die nachfolgenden Krisen. 1951 reagierte Europa auf die Verschärfung der internationalen Krise, die sich im Koreakrieg zeigte, mit der wirtschaftlichen Montanunion, die der Beginn des Weges zu ihrer politischen Union ist. 1957 reagierte Europa erneut sehr gut auf die internationalen Spannungen (kurz nach der blutigen Unterdrückung des ungarischen Volksaufstandes) und die Suezkrise (sie beendete die kolonialistischen Träume Frankreichs und Großbritanniens). Mit Hilfe der Römischen Verträge, worin die Gründung der Europäischen Wirtschaftsgemeinschaft und der Europäischen Atomgemeinschaft festgeschrieben wurde, werden Dialog und Zusammenarbeit ausgebaut. In diesem Sinne wird bis 1989 weiter gehandelt. Damals war die Europäische Union mit ihrem flexiblen und offenen Aufbau und ihrer Anziehungskraft eine Basis für Frieden und gemeinsames Wachstum; sie agierte nach dem Zusammenbruch der kommunistischen Regime im Osten Europas als ruhebringender Anker. Die Einführung der gemeinsamen Währung fügt sich in dieses Bild gut ein. Für Länder wie Italien war der Euro als gemeinsame Währung ein wahrer Rettungsring. Oder meinen wir, dass wir internationale Finanzkrisen, wie die vergangenen Krisen, überstanden hätten, wenn alles beim alten geblieben wäre, d.h. ein Land mit einer sehr schwachen Währung mit ständigen Finanzkrisen und einer extremen Inflation? Sicher, der europäische Aufbau ist noch nicht perfekt. Wichtige Herausforderungen müssen noch gelöst werden: z.B. die Integration der öffentlichen Meinung in den Integrationsprozess; die institutionellen Veränderungen, die erforderlich sind, um die wachsende und immer heterogenere Struktur zu erhalten; eine gemeinsame Sicherheits- und Verteidigungspolitik, die Europa eine strategische Bedeutung und eine klare und anerkannte Rolle auf internationaler Ebene verleiht. Das Haus Europa muss noch verbessert werden; keinesfalls aber darf es zerstört werden. Vielleicht sind uns die Vorteile, die wir hatten und noch haben, nicht bewusst, aber durch die EU haben wir „bessere Arbeitsplätze, eine weniger belastete Luft, kontrollierte Lebensmittel, sichere Spielzeuge für unsere Kinder, einfacheres Reisen, günstigere Telefonate und keinen Zoll“ (Beppe Severgnini, Corriere della Sera, 27.03.2014). Wollen wir etwa wieder zurück zu unseren alten Grenzschlangen (immerhin zwei, um von hier nach Italien zu fahren), den schwachen Währungen und untragbare Staatsverschuldungen? Also wirklich nicht! „In den vergangenen 15 Jahren seit Einführung des Euro auf den Märkten ist das Pro-Kopf-Einkommen mit Ausnahme von Italien in allen Ländern gestiegen; In Italien ist es um 3% gesunken. Liegt das am Euro oder an uns und an denjenigen, die uns regiert haben?“ (Beppe Severgnini, Corriere delle Sera, 27.03.2014). „Die »Resistenza« (italienische Widerstand) war eine große zivile und ideelle Bewegung, und vor allem ein bewaffnetes Volk, eine mutige Mobilisierung junger, sehr junger Menschen, die gegen den Fremden rebellierten“. So erinnerte gestern Giorgio Napolitano, italienischer Staatspräsident. Im Europa des 21. Jahrhunderts sollte es nicht mehr vorkommen, dass die Waffen ergriffen werden müssen. Der Einsatz von damals geht heute weiter im Einsatz für Europa. Europa ist „die neue Grenze“ unserer Zukunft. Vielleicht scheint es nebensächlich zu sein, aber am 25. Mai wählen wir das Europäische Parlament. Dort werden entscheidende Beschlüsse für unsere Gegenwart und Zukunft getroffen. Gehen wir wählen und unterstützen wir die europafreundlichen Kräfte. Und nach den Wahlen engagieren wir und beteiligen wir uns an dem Aufbau des gemeinsamen Hauses Europa. So ehren wir nicht nur verbal und zu einem bestimmten Anlass, sondern aktiv und aktuell alle Menschen, die - wie der Selige Pater Giuseppe Girotti - kämpften und ihr Leben der Freiheit, der Gerechtigkeit und dem Frieden opferten. |