München, 01.11.2004

1. novembre a Monaco di Baviera: comunità, solidarietà e partecipazione

il testo del discorso del presidente del Comites di Monaco di Baviera, Claudio Cumani, in occasione della tradizionale cerimonia del 1. novembre al Cimitero militare italiano del "Waldfriedhof"

 

Cari concittadini,

oggi ci troviamo qui, a commemorare ancora una volta i nostri cari defunti, i caduti di tutte le guerre, la giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate e l'anniversario della vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale.
È un momento di riflessione, in cui ci raccogliamo in noi stessi, nel calore delle nostre famiglie, e volgiamo il nostro pensiero al passato. Al passato delle persone che abbiamo amato e che ormai ci accompagnano solo nei nostri ricordi.
Al passato di una guerra che per molti allora significò la fine del Risorgimento - quel percorso che ha portato alla nascita dello stato italiano - e che oggi viene vista da numerosi storici come l'atto con cui l'Europa - che allora dominava il mondo - iniziò una lunga guerra intestina. Una guerra - combattuta o "fredda" - che segnò l'inizio del declino europeo e dell'avanzata sulla scena mondiale di altre, nuove potenze e che si concluse solo nel 1989.
Degli anniversari di riflessione, quindi, ma anche di ricordi legati ad azioni ed emozioni.
Le azioni e le emozioni delle persone che abbiamo amato e che ci hanno amato.
Le azioni e le emozioni di un paese in guerra. Con il dolore, i lutti, le tragedie, gli eroismi e le viltà, la solidarietà e gli egoismi che ogni guerra porta con sé.
Degli anniversari, quindi, che ci spingono a ripensare al senso della vita e del nostro agire, nel confronto con la nostra storia - privata o nazionale - e con coloro che non ci sono più.
Ed in questo confronto riscopriamo alcuni valori che nella nostra frenetica vita troppo spesso tendiamo a dimenticare: il valore della comunità, il valore della solidarietà, il valore della partecipazione.
Quei valori che hanno retto le nostre famiglie nella loro vita quotidiana, nella fatica del lavoro, negli sforzi dei nostri cari per farci crescere ed avere una vita dignitosa. Quei valori che hanno permesso ad un paese in guerra di sopravvivere alla tragedia del conflitto.
Dei valori che sono ancora moderni ed attuali.

Anche per noi, italiani che viviamo in Germania.
Soprattutto per noi.
Noi che purtroppo siamo una comunità con un alto numero di ragazzi che non vengono seguiti dalle famiglie e vanno male a scuola, o non raggiungono una adeguata formazione professionale. E che per questo restano disoccupati. O che finiscono nel giro della droga e del carcere.
Noi che siamo una comunità in cui è ancora troppo alto il fenomeno del lavoro nero.
Noi che siamo una comunità che ancora troppo poco partecipa alla vita sociale, culturale e politica locale. Una comunità che va poco a votare.
E che per questo "conta poco" e viene poco ascoltata.
E che per questo vede le conquiste degli anni passati rimesse in discussione, cancellate una dopo l'altra: due anni fa con la chiusura di Radio Monaco e della redazione italiana del Bayerischer Rundfunk, oggi con la promessa abolizione entro cinque anni dei corsi di lingua e cultura italiana per i nostri studenti delle Grund e Hauptschulen.
E come se non bastasse, il Governo bavarese - unico in Germania - continua a non voler semplicemente applicare la legge che permetterebbe anche agli italiani la doppia cittadinanza, cioè di ottenere la cittadinanza tedesca senza dover rinunciare a quella italiana.

È proprio in questi frangenti che occorre reagire, con uno scatto d'orgoglio.
Reagire, perché non siamo più dei Gastarbeiter, degli "ospiti" in attesa di ritornare al paese natio, ma siamo dei cittadini che hanno contribuito a costruire questo paese, col nostro lavoro, col nostro sudore, con le tasse che paghiamo, con la ricchezza che produciamo. Reagire, riaffermando con orgoglio la nostra realtà di italiani in Germania, senza limitarsi a lamentarci, ma preoccupandoci della formazione dei nostri figli e partecipando attivamente alla loro vita scolastica, partecipando attivamente alla vita culturale, sociale e politica nei paesi e nelle città in cui viviamo, portando il contributo della nostra cultura, della nostra storia, della nostra passione.
Di fronte alle difficoltà occorre reagire, rifiutando il facile approccio del "non mi voglio immischiare", "non mi riguarda", "non è affar mio", "non mi tocca".
Perché se è forse vero questa volta, la prossima volta potrebbe essere diverso.
Perché intanto ora "tocca" i nostri figli, a cui il Governo bavarese nega i corsi di lingua e cultura italiana.

Non stiamo fermi! Non accettiamo passivamente questa decisione!
Abbiamo distribuito un volantino, una petizione al Ministro bavarese all'istruzione: diffondetelo fra i vostri conoscenti, sia italiani che tedeschi. Firmatelo e fatelo firmare, ed inondiamo il Kultusministerium con la nostra protesta! E parliamo alla società tedesca, agli insegnanti, ai mezzi di informazione: facciamo conoscere la nostra rabbia e la nostra richiesta di non chiudere, ma al contrario migliorare e rafforzare i corsi nella madrelingua per i giovani non tedeschi.
Una richiesta che non nasce da nazionalismo, ma dalla consapevolezza scientificamente sostenuta che la padronanza della propria madrelingua è una base formidabile per acquisire una seconda lingua. E quindi anche per imparare bene il tedesco ed integrarsi appieno nella società in cui viviamo!

Non restiamo inattivi!
Partecipiamo, iniziando con il sottoscrivere una semplice lettera.
Ed andando anche oltre, nella vita di tutti giorni.
Diventiamo cittadini a pieno titolo, ed attraverso la partecipazione rafforziamo la voce della comunità italiana nella società locale. Per noi, ma anche per i nostri concittadini più deboli, con minor mezzi o in difficoltà. Perché l'integrazione passa necessariamente attraverso la partecipazione attiva, il rendersi interlocutori partecipi, credibili e quindi ascoltati.
E perché attraverso la partecipazione possiamo contribuire da protagonisti alla costruzione di una vera società europea, aperta, tollerante, che vive le differenze - culturali, religiose, politiche - come un arricchimento e non come una minaccia. Quella società di cui a Roma qualche giorno fa si sono gettate nuove basi, attraverso la firma della Costituzione europea.

Non chiudiamoci nel nostro piccolo, ma agiamo da cittadini protagonisti.
Per noi, ma soprattutto per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti.
E nel fare questo, renderemo onore nel miglior modo possibile a coloro che non ci sono più, ma che hanno dato tutto di se stessi per darci un futuro, una speranza, una vita degna di essere vissuta.